Alice e Pippo, due cuori speciali

Parte seconda: "la partenza" 


Dal giorno in cui nacque Alice, tutto cambiò

Enrico si concentrò sul lavoro e non portò neanche i dolci in ufficio, scusandosi d’essersene dimenticato. Non parlava mai della piccola Alice, come se non esistesse.
“Ignorare ciò che fa male e che non puoi vincere!” così gli aveva insegnato la vita!
Lui non aveva scelto quell’esserino, non poteva vincere affinché fosse diversa, allora meglio ignorarla, per non soffrire.
Michaela, invece, era molto assorbita dalla piccola e, forse, era meglio così.
Il modo per Enrico di tenersi lontano. Anche se, ogni tanto, si scopriva intento ad osservare Michaela mentre cullava e cantava delle dolci nenie alla piccola, che di tutta risposta afferrava il dito della mamma, senza avere l’intenzione di mollarlo!
In viaggio verso Firenze
Enrico stava seduto nello scompartimento del treno per Firenze, dove si stava dirigendo per un importante colloquio di lavoro.
I sensi di colpa lo assalivano, gli tarlavano il cuore. Cercava di distrarsi leggendo il giornale che aveva con sé, ma senza soluzione: i sensi di colpa erano ancora lì, sempre più profondi.

Enrico aveva fatto di tutto per organizzare l’incontro di lavoro, in quel preciso giorno, perché erano previsti i controlli di routine della piccola Alice.
 Sì, un gesto meschino il suo.
Aveva fatto di tutto affinché Michaela andasse da sola, con la piccola, perché si vergognava di andare in giro con quell’esserino. Non accettava di sentirsi dire, nuovamente, dai medici che era “fortunato” ad avere quella piccola pagnotta che sprizzava “salute” da tutti i pori!
Quella era una situazione in cui lui non avrebbe voluto trovarsi mai!
Michaela, stranamente, non aveva fatto troppe domande, forse aveva intuito.
Aveva chiamato la madre per chiederle di accompagnarla.
Il viaggio continua

“Salve, posso?” disse improvvisamente una voce. Enrico sorpreso alzò lo sguardo e vide un nonnino distinto e canuto, ancora con la sua
faccia interrogativa che stava aspettando risposta.
“Con tanti posti”, pensò Enrico, ma istintivamente rispose: “Ma certo, si accomodi pure, prego!” e si rimise a leggere il giornale, mentre i suoni del treno monotonamente continuavano.
“Bella giornata, vero?” chiese retoricamente il nonnino “io direi che finalmente il tempo si è stabilizzato! E’ bello vedere che tutto e tutti si risvegliano in questo periodo, che dice?” continuò giocherellando con il suo bel bastone intarsiato. Enrico alzò gli occhi e incrociò quello sguardo così penetrante e sereno allo stesso tempo. Rispose con un semplice “Già”!
“Mi scusi se la disturbo, ma lei è sposato? Ha figli?”, il nonnino non sembrava proprio comprendere che Enrico non era dell’umore giusto per fare due cordiali chiacchiere.
“Vecchi tontoloni” pensò, anche se tentennando, rispose, “Sì, sono sposato e ho… abbiamo… una bambina”, questa volta lasciò scivolare giù il giornale e fece andare il suo sguardo fuori dal finestrino.
“Allora, beato fra le donne, eh?!”, ridacchiò il nonnino toccando il braccio di Enrico, che sorrise amaramente.
“E’ strano, questo nonnino non mi piace, ma c’è qualcosa che…”, pensò.
“Io sono il Pietro e vado a Firenze; lei dove sta andando, se posso chiederlo?” incalzò il nonnino. “Anch’io sto andando a Firenze, per lavoro, e sono Enrico, piacere!” e per educazione gli stese la mano per stringere quella del signor Pietro.
C’era qualcosa di caldo e gentile, in quella stretta di mano,
da far rabbrividire il cuore freddo e tormentato di Enrico
Enrico, quasi, non si accorse che il nonnino lo aveva trascinato in un discorso addirittura piacevole: non era affatto male trascorrere un po’ di tempo a chiacchierare tranquillamente.
Non gli era mai capitato. Quel nonnino così simpatico, e insistente nello stesso tempo, era un estraneo, e non si sentiva costretto a fingere, né ad apparire diverso!
Inoltre, si sentiva anche libero di dire la sua, pur pensandola diversamente, perché il nonnino non lo avrebbe giudicato sicuramente.
Era come ritornare bambino, e ritrovarsi sul divano con nonno Franco,
quel nonno scomparso troppo presto!
Quel nonno che gli aveva insegnato a ragionare con la propria mente, pur essendo capace di convincerlo sempre delle sue idee.
Ma quello era tanto tempo fa, quando Enrico era un piccolo ragazzetto!
Ora che la vita l’aveva forgiato era più difficile che qualcuno convincesse Enrico!
“Lei mi ricorda mio nonno Franco”, si fece sfuggire, “lui, purtroppo,se ne è andato troppo presto e non gliel’ho mai perdonato!” disse con voce affievolita.
Il signor Pietro ed Enrico parlarono ancora per parecchi minuti, del nonno Franco, della vita frettolosa e superficiale, della famiglia del signor Pietro, dove lui era diretto.
E sempre più Enrico si sorprese privo di resistenza, privo di difese, di fronte a questo signore distinto, eppure così familiare, caloroso eppure così diretto!
“Caro Enrico, posso darti del tu?”, e dopo un cenno affermativo di Enrico, il nonnino continuò,
“Sai, io e la mia famiglia non seguiamo una religione, ma seguiamo Gesù Cristo,
e questo fa la differenza, ti assicuro, anche di questi tempi difficili!”
Era visibile ad occhio nudo che Enrico rimase deluso e rattristato dall’affermazione.
“No, signor Pietro, non parliamo, per favore, di religione, perché io sono un ateo convinto! E nessuno ancora mi ha mai convito di altro! La nostra chiacchierata è così piacevole, non roviniamo tutto, la prego!”, tutto d’un fiato aveva espresso tutto il suo disappunto!
“E infatti”, disse il nonnino, “non ti voglio proprio parlare di religione, né voglio convincerti!
Gesù è una persona reale con cui io ho un rapporto personale di fede e fiducia, un rapporto ricambiato!”
Enrico lo guardò negli occhi senza capire perché il signor Pietro volesse a tutti i costi rovinare quei bei momenti, ma decise di non interromperlo.
“Tu sai che Gesù ti ama? Che Gesù ama proprio te e vuole rapportarsi con te?”
Il treno si fermò quasi bruscamente e nella confusione dei nuovi passeggeri in salita, l’attenzione si abbassò.

Esther Kaptein

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